Durante una visita a Triora ho scoperto che il bruzzo è un formaggio di pecora brigasca ottenuto dalla fermentazione della ricotta. Lo chiamano anche “bruss, “bross” e “brussu”.
Andrebbe assaggiato spalmato su una fettina di pane casereccio (meglio se pane di Triora o comunque cotto in forno a legna) e in qualche caso è consigliata anche una fettina di pomodoro fresco. Ha un colore che varia dal bianco del bruss di Roccaverano e Bagnolo, al grigiastro del bruss a cui è stato aggiunto un alcolico, al giallino o verdognolo come il Bruss di Castelmagno. Ha un sapore forte molto aromatico e l’aumento della stagionatura ne rafforza il sapore piccante al punto che un detto piemontese dice:”Mac l’amor a l’è pì fòrt che ‘l bruss” (soltanto l’amore è più forte del bruss).
In Liguria viene prodotto nella provincia di Imperia, più precisamente nelle Alte Valli Argentina, Arroscia e Nervia; in Piemonte è tipico delle Alte Langhe e Valli Occitane nel cuneese.
Il “gran dizionario piemontese-italiano” compilato dal cavalier Vittorio Sant’Albino (1859), alla voce “bross” (con “o” chiuso) riporta: “specie di cacio fortissimo, fatto con altro cacio vecchio ed assai fermentato, impastato nell’acquavite, con burro e alcune droghe, che poi si chiude e si conserva in iscatolette”.
Secondo alcuni il nome deriva dalla traduzione piemontese di “bruciare”, che è la sensazione che si ha assaggiando un bruss molto stagionato e quindi molto piccante; secondo altri il nome deriva dal francese “brousse”, che è la cagliata del latte di pecora.
Il bruzzo è nato dalla necessità che avevano le famiglie più povere di montagna e fondovalle di riutilizzare tutto quello che si riusciva a non buttar via. Si riciclavano anche gli alimenti come le rimanenze, formaggi stantii o ammuffiti e croste troppo dure che potevano essere amalgamate insieme con poco latte crudo (una volta pastorizzazione e sterilizzazione non si utilizzavano), creando una crema omogenea che veniva lasciata fermentare al sole per qualche giorno. All’impasto ottenuto si aggiungevano grappa casalinga, cognac o distillati fatti in casa ottenuti spremendo le vinacce restanti dalla vinificazione. Un tempo il recipiente di terracotta con il formaggio in fermentazione (la toupino) era lasciato esposto al sole anche per parecchi giorni, mescolandolo di tanto in tanto; da qui il risultato era “un formaggio che cammina”.
Ora sono rispettate norme igieniche e diverse regole di preparazione, il bruss viene lavorato con formaggi ovini di taglio fresco e di alta qualità con latte pastorizzato; al posto del “vecchio bruzzo” spesso si trova un prodotto meno forte, senza grappa (a volte con vino bianco), a base di robiole.
Il bruzzo è un presidio slow food che ha ottenuto la denominazione P.A.T. ovvero Produzioni Agroalimentari Tradizionali.
È possibile prepararlo anche in casa seguendo le istruzioni sotto riportate; viene generalmente servito come antipasto o a merenda spalmato su bruschette (all’epoca usavano pane raffermo inumidito) strofinate con spicchi d’aglio a cui si aggiunge un goccino d’olio d’oliva e un pizzico di cipolla tritata molto fine, il tutto accompagnato da un buon vino dal sapore corposo.
Alcune ricette lo vedono abbinato alle patate al cartoccio, altre a condire la pasta, insaporire minestroni, la polenta o la torta di Bosso.
Ingredienti:
5 robiole caprine stagionate
100 ml grappa (meglio se ricavata dalle vinacce)
pepe pestato in grani q.b.
peperoncino piccante frantumato q.b.
olio d’oliva extravergine q.b.
sale q.b.Preparazione:
Mettere le robiole in un recipiente di terracotta e irrorarle con la grappa. Aggiungere sale e pepe. Gli amanti del piccante possono aggiungere qualche pezzetto di peperoncino rosso piccante. Versare l’olio di oliva fino a ricoprire interamente il preparato e lasciare riposare per 7 giorni in un luogo fresco, buio e asciutto.
Mescolare il composto con un cucchiaio di legno fino ad ottenere una consistenza morbida e omogenea. Coprire il recipiente con un canovaccio o una tela e lasciato riposare per 30 giorni.
È anche possibile prolungare il periodo di fermentazione, tenendo presente che più tempo passa e più il sapore diventa forte, tendendo al piccante in modo sempre più deciso.
Buon appetito!
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devo prepararlo perché mi attira molto al posto del tipico/antico casu marzu sardo.vedrò se mi riesce
Può avere un sapore decisamente forte!
Mi faccia sapere come viene 🙂 .