La vita al Cimitero delle Fontanelle (NA)

Nel rione Sanità di Napoli l’antico Cimitero delle Fontanelle prende vita nei racconti popolari e nella speranza della gente.

Tutti diversi, eppure tutti uguali: avevano un nome ed una storia, ma entrambi sono andati perduti. Sono circa quarantamila e sono i teschi ammonticchiati e disposti ordinatamente lungo le pareti del Cimitero delle Fontanelle di Napoli, in un’antica cava di tufo. Migliaia di orbite vuote seguono il passaggio delle persone, alcune delle quali sono venute fin qui per curiosità avendo sentito parlare del “culto delle anime pezzentelle”; altre seguono una guida che le accompagna a visitare le attrazioni più particolari di Napoli; altre sono qui, con un misto di fede e scaramanzia, ad onorare una tradizione di famiglia iniziata molto tempo fa. Bisogna venire qui per cercare di comprendere il profondo rapporto che la credenza popolare napoletana ha con la vita e la morte, qui dove sacro e profano si incontrano.
Per secoli pietà, superstizione, fede o disperazione hanno spinto molte donne napoletane a venire a prendersi cura di queste ossa, appartenute a corpi che non hanno avuto una degna sepoltura e le cui anime si crede siano rimaste ferme in Purgatorio ad espiare con la sofferenza le loro colpe, nell’attesa di essere purificate e poter ascendere al Paradiso. Sono le ossa delle vittime della terribile pestilenza del 1654, alle quali si aggiungono quelle delle vittime di carestie, rivolte popolari, terremoti ed eruzioni del Vesuvio che si abbatterono su Napoli dal XVII secolo: centinaia di migliaia di cadaveri stipati qui per la situazione di emergenza, perché il defunto era povero e non poteva permettersi una sepoltura all’interno delle mura della città, perché il defunto veniva sfrattato dalla chiesa in cui era stato seppellito per far spazio ad altri o perché nel 1804 l’editto napoleonico di Saint Cloud vietò la sepoltura all’interno della città per motivi igienici e qui furono portati i corpi inumati nelle “Terresante”, i sepolcreti ricavati nei sotterranei delle chiese. Infine nel 1837 si abbatté su Napoli una terribile epidemia di colera ed ai cadaveri degli ammalati presto si unirono quelli degli “untori”, giustiziati nel tentativo di ristabilire l’ordine pubblico. Fu un’ecatombe e tra le vittime illustri ci fu anche il poeta Giacomo Leopardi, ospite dell’amico Ranieri a Torre del Greco; secondo alcuni anche le sue ossa sono nel Cimitero delle Fontanelle, mischiate tra le altre senza nome.
Quando padre Gaetano Barbati scese qui la prima volta, lo spettacolo era desolante: c’erano ossa ovunque, sparpagliate, dimenticate e ricoperte di polvere e fango solidificato. Era accaduto in passato che la cava si fosse allagata al punto da trascinare sulla strada i corpi dei defunti: era uno spettacolo apocalittico che aveva spaventato ed atterrito i napoletani del rione Sanità al punto da spingerli a chiudersi in casa per giorni senza mai uscire. Le ossa furono raccolte dai becchini e ricomposte nella cava; ne furono contate circa otto milioni.foto interno cimitero delle FontanellePadre Barbati, aiutato da un gruppo di popolane dette “e’ maste”, iniziò a pulire le ossa e riordinarle in base alla tipologia (crani, tibie, femori); tutti insieme pregavano per le povere anime dimenticate, per aiutarle a raggiungere il Paradiso. Fu da qui che nacque il culto delle “anime pezzentelle”: presto si iniziò a credere di poter chiedere delle grazie in cambio delle preghiere. Le donne napoletane sceglievano uno o più teschi, le “capuzzelle”, guidate dall’istinto o forse da un sogno; le pulivano con cura, lavandole con acqua fresca, le depositavano con delicatezza su un fazzoletto ricamato e successivamente su un morbido cuscino. Andavano a trovarle portando con sé lumini e rosari. A volte l’anima del defunto appariva in sogno all’adottante, dandole informazioni sulla sua vita passata e magari qualche numero da giocare al lotto e chiedendo “A refrische ‘e ll’anime d’o priatorio”, cioè le preghiere necessarie ad alleviare le pene della sua anima in Purgatorio. L’adottante pregava e in cambio chiedeva la guarigione per sé o per i suoi cari, di trovare marito o rimanere incinta, di trovare lavoro o di smettere di fumare; durante la Grande Guerra la richiesta più frequente era il ritorno di una persona speciale dal fronte. Se la grazia veniva esaudita, alla capuzzella veniva donata una sorta di tempietto, detto “Scarabattola”, una specie di teca di legno, marmo o ricavata da una scatola di latta, magari quella dei biscotti, a seconda delle possibilità; all’interno di questa la capuzzella rimaneva protetta dalla polvere, riconosciuta da tutti per la sua generosità. foto capuzzelle del cimitero delle FontanelleRestava vivo un legame di riconoscenza e l’adottante tornava con lumini, fiori e preghiere di ringraziamento. Se invece l’anima si dimostrava sorda alle richieste la sua capuzzella veniva abbandonata: tra tante sarebbe stato facile trovarne una più disponibile.
È surreale essere qui, in un’antica e ariosa cava di tufo, dai soffitti alti più di dieci metri, lunga un centinaio, che da secoli funge da ossario. Tre grandi gallerie, ampie come vere e proprie navate di una cattedrale, sono collegate tra loro da brevi corridoi laterali. Le pareti sono di tufo, sul pavimento c’è una polvere leggera; l’atmosfera immobile e solenne è ravvivata dai colori di rosari, fiori, pacchetti di sigarette, lumini o altri doni portati ai defunti. Molte capuzzelle hanno una moneta sulla testa, forse per pagare il traghetto nell’aldilà; altre hanno dei biglietti della metropolitana: forse anche nel mondo dei più si usano i mezzi pubblici.
Sembrano tutte uguali, eppure sono tutte diverse: molte sono conosciute con un nome e si sono manifestate in sogno raccontando la loro storia; alcune sono entrate nelle leggende popolari e sembrano oggetto di venerazione autentica. È il caso del Capitano, che in vita pare fosse stato un aitante comandante spagnolo e per questo a lui spesso si rivolgono le donne in cerca di marito. Di lui si tramandano tante storie, che variano a seconda di chi le racconta, ma una in particolare ricorda il finale del “Don Giovanni”. Un giovane seduttore, forse un camorrista, era solito portare le sue conquiste qui al Cimitero delle Fontanelle per consumare rapporti carnali. Una notte sentì chiara la voce del Capitano, che lo redarguì intimandogli di smetterla. Il giovane schernì il Capitano dicendogli di non aver paura di un morto ed anzi, invitandolo al suo matrimonio, convinto che non si sarebbe mai sposato. Molto tempo dopo, ormai dimentico dell’accaduto, il giovane convolò a nozze. Alla cerimonia si presentò un uomo vestito di nero che nessuno riconobbe e che disse di avere un dono speciale per gli sposi ma lo avrebbe consegnato loro solo in privato. Gli sposi e l’uomo si appartarono e quando questo aprì il lungo soprabito i due videro che al posto del corpo aveva uno scheletro. Sgomento, lo sposo ricordò e riconobbe il Capitano ma questi prese per mano entrambi i coniugi, che morirono all’istante fulminati.Foto Calvario cimitero delle FontanelleUn’altra storia racconta che una giovane napoletana desiderava tanto avere un marito e quindi chiese la grazia al Capitano. Dopo tante preghiere ella fu esaudita e presto arrivò il giorno delle nozze. In chiesa, tra i presenti, c’era un uomo di bell’aspetto che nessuno conosceva e quando la sposa gli passò davanti, al braccio del marito, questi le fece l’occhiolino. Il marito, geloso, gli tirò un pugno in faccia: da allora la capuzzella del Capitano ha un’orbita annerita.
Tra le capuzzelle famose ci sono anche quella bella lucida di donna Concetta e quella del postino Pasquale che porta in sogno le buone notizie e qualche numero da giocare; c’è anche Maria, una bellissima bambina boccolosa alla quale piace giocare con bambole e peluches.
Insieme a loro ci sono tantissime altre capuzzelle ed altrettanti personaggi con una loro storia da raccontare in un’epopea gioiosa e fantasiosa nella quale il Cimitero delle Fontanelle prende vita: non è un posto lugubre, né triste, ma un luogo in cui tutto è possibile, un luogo in cui i desideri più sinceri e profondi possono prendere forma e diventare realtà.

“Anime sante, anime purganti,
Io son sola e vuie siete tante
Andate avanti al mio Signore
e raccontateci tutti i miei dolori
Prima che s’oscura questa santa giornata
da Dio voglio essere consolata…”

Città Napoli, Rione Sanità, Via Fontanelle 80

Provincia Napoli

Regione Campania

Coordinate GPS 40°51′31.83″N 14°14′19.55″E

Come arrivare

In metro: Stazione Materdei della Linea 1. Usciti dalla stazione il percorso è tutto in discesa: prendere la prima traversa a sinistra ( Via Bartolomeo Facio Detto Carafa) e proseguire fino ad incontrare tre rampe di scale; scendere le tre rampe, girare a sinistra e preseguire per 200 metri, fino a raggiungere il Cimitero delle Fontanelle.

In auto: Napoli è collegata dall’autostrada A1. Per chi viene da fuori Napoli prendere l’uscita N.5 della Tangenziale Capodimonte. Continuare su Via Capodimonte, che poi diventa corso Amedeo Savoia. Da qui imboccare la traversa sulla destra Rampe san Gennaro dei Poveri; percorrerla tutta e girare a sinistra su Via San Vincenzo e poi a destra su Via Sanità fino a imboccare sulla destra via Fontanelle e dopo 300 metri si è arrivati.

In treno: Stazione ferroviaria di Napoli Centrale

Per saperne di più

Per maggiori informazioni sul Cimitero delle Fontanelle è possibile visitare il sito internet: http://www.cimiterofontanelle.com/it/

Il cimitero delle Fontanelle è stato usato come location cinematografica numerose volte. Appare anche nel pluripremiato film-musical “Ammore e Malavita” del 2017, diretto da Manetti Bros., con Giampaolo Morelli, Serena Rossi e Claudia Gerini. Se cerchi altre location di film che potresti aver visto, potrebbero interessarti anche gli articoli raccolti nella sezione:
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