In Valtellina, la visita al Parco delle Incisioni Rupestri di Grosio regala un salto nella storia di oltre seimila anni e la scoperta di due castelli medievali.
In calzini, siamo in piedi su un grande masso di roccia liscia, la cui forma ricorda il dorso di una balena. Il nostro sguardo è puntato sulla pietra scura, alla ricerca di segni e simboli antichi e misteriosi. La nostra guida sa trovarli abilmente e li mette in evidenza bagnandoli con l’acqua di uno spruzzino. Sono incisioni rupestri, una storia scritta a partire da seimila anni fa. Raccontano di uomini e donne, animali e scene di caccia con l’arco, guerrieri armati, riti tribali e preghiere agli dèi. I numerosi rastrelli stilizzati probabilmente furono la richiesta di un raccolto abbondante; le più antiche sono spirali e coppelle, le puntinature che forse rappresentarono una mappa del cielo o forse servirono ad estrarre della polvere brillante da spalmare sul corpo come fanno gli aborigeni ancora oggi.
È difficile immaginare l’ emozione provata da Davide Pace, docente, archeologo e scrittore, che nel 1966, scorgendo qualcosa tra il riverbero del sole, raschiò via il muschio ed i licheni e scoprì una figura antropomorfa e stilizzata incisa nella parete.
Vincendo la resistenza della proprietaria del terreno, la marchesa Margherita Pallavicino Mossi Visconti-Venosta, Davide Pace si dedicò in modo meticoloso alla pulizia della vasta superficie della “Rupe Magna”, riportando alla luce oltre cinquemila figure preistoriche.
Lunga ottantaquattro metri e larga trentacinque, con la superficie scura resa liscia dalle glaciazioni, la “Rupe Magna” fu una “tela” perfetta per disegnare usando il quarzo come fosse una matita e, ad oggi, è la roccia incisa più grande delle Alpi, nonché una delle attrazioni del Parco delle Incisioni Rupestri di Grosio.
Ancora uno sguardo ad “oranti saltici” e “uomini debrachiati” prima di rimetterci le scarpe e proseguire su un sentiero tra i castagni. Passiamo dietro la torre merlata del Castello Nuovo e, costeggiando un basso muro a secco, attraversiamo un pianoro verde d’erba e dorato dalle foglie autunnali. Da qui il panorama è suggestivo e si stende lungo la vallata nella quale è adagiato l’abitato di Grosio, reso indistinto da una leggera foschia.
Davanti a noi, tra i ruderi del castello vecchio, svetta un campanile romanico; non è rimasto granché dell’antica chiesetta annessa, dedicata ai santi Faustino e Giovita: con il tempo anch’essa fu usata come cava di pietra. Dell’abside resta solo una specie di terrazza, con due tombe medievali scavate nella roccia, una accanto all’altra. Forse appartengono a due sposi che riposano vegliando la loro terra alla vista dei vigneti che digradano verso Grosotto ed il corso del fiume Adda.
Forte della posizione elevata su quest’altura, il castello Vecchio sorse nel X secolo per volere del Vescovo di Como. Non era solo una fortificazione militare ma aveva valenza di prestigio e controllo del territorio, anche al fine di riscuotere dazi e pedaggi.
Il castello Nuovo sorse circa quattro secoli dopo, tra il 1350 e il 1375, quando i Visconti di Milano arrivarono a conquistare la Valtellina ed investirono i Venosta quali loro feudatari per il prezioso aiuto ricevuto nella presa del contado di Bormio.
La doppia cinta di mura merlate e l’imponente torrione richiamano alla mente battaglie ed assedi. Prima gli scontri tra guelfi e ghibellini; poi l’invasione dell’esercito dei Grigioni ai danni di Ludovico il Moro.
Le parole della nostra guida riportano in vita un fiume di armature scintillanti proveniente da Coira, in marcia contro i Signori di Milano. Era un esercito feroce che razziava e metteva a ferro e fuoco tutto ciò che incontrava. I Grigioni volevano fare bottino ai danni degli abitanti della valle per rivalersi della mancata esenzione dai dazi doganali da parte del governo ducale. Nulla poterono le truppe di Milano contro l’esercito capitanato da Giovanni Loher, Ermanno Capaul e Nicola Buol.
Giunti nei pressi di Grosotto, gli invasori si trovarono davanti la folla riunita in processione. Secondo una leggenda, le lance e balestre nemiche non riuscirono a trafiggere gli uomini e le donne che scortavano la statua della Madonna. Secondo altre fonti, vedendo quella moltitudine indifesa, armata solo della speranza nella misericordia, l’esercito dei Grigioni fu mosso a pietà. Qualcuno narrò che fu l’apparizione della Vergine a salvarli tutti.
Grosotto fu risparmiata e in memoria del miracoloso evento fu costruito il santuario dedicato alla Beata Vergine delle Grazie.
Per molto tempo la Valtellina e la Val Chiavenna restarono sotto il controllo dei Grigioni che, nella metà del XVI secolo, fecero smantellare le antiche fortificazioni. Il Castello di San Faustino e quello Visconteo si salvarono e, nonostante l’abbandono, la decadenza e le propaggini della sanguinosa guerra dei trent’anni che furono combattute fin qui, offrono ancora le loro suggestive testimonianze.
Città Grosio
Provincia Sondrio
Regione Lombardia
Coordinate GPS 46°18′N 10°17′E
Come arrivare
In auto: Grosio è sulla Strada Statale 38, che da Sondrio sale su verso lo Stelvio Il Parco delle Incisioni Rupestri è ben indicato.Lasciata l’auto nel parcheggio gratuito in fianco alla centrale idroelettrica A2A (via Tridentina) si prosegue a piedi lungo la strada lastricata in salita che conduce alla Cà del Cap (centro Informazioni del Parco). Lì troverete la Guida a vostra disposizione.
Cosa visitare nei dintorni
– Tirano (SO)
– Teglio (SO)Per saperne di più
È possibile trovare molte informazioni sul Parco delle Incisioni Rupestri di Grosio sui siti internet: https://www.parcoincisionigrosio.it/ e https://www.calendariovaltellinese.com. C’è anche la pagina Facebook https://www.facebook.com/parcoincisionigrosio.
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